fonte: information guerrilla
Iraq, 3 mil di euro ai contractor per proteggere civili italiani a Nassiriya
Roma, 16 marzo 2007 – Tremilioniquattrocentonovantottomila euro – circa sette miliardi delle vecchie lire: questa la cifra che il governo italiano spenderà per stipulare accordi con i contractor, ovvero guardie del corpo facenti capo a società private, destinati a operare in Iraq.
Uomini armati di una polizia privata avranno il compito di difendere il personale italiano ancora presente a Nassiriya, composto da tecnici ed esperti.
Lo si apprende dalla lettura del decreto sul rifinanziamento delle missioni all'estero, approvato alla Camera l'8 marzo e attualmente in commissione Difesa e Esteri al Senato.
A pag. 33, una voce dal titolo "Sicurezza dell'Usr", dove la sigla in oggetto sta a indicare l' "Unità di sostegno alla Ricostruzione", istituita nel primo semestre 2006 nella provincia di Nassiriya. Accanto al testo, in neretto, è riportata la cifra di 3.498.000,00 euro.
"Considerato che il contingente militare italiano, che garantiva la sicurezza e l'incolumità del personale civile presente presso la Usr, non sarà più presente in Iraq nel corso del 2007", si legge nel testo, "il Governo italiano ha la necessità di stipulare un contratto con una società di sicurezza che già sia operante in Iraq con personale locale. Ciò al fine di garantire l'incolumità dei civili presenti a Nassiriya e di consentire loro di uscire dal perimetro della base militare internazionale per monitorare i progetti ed incontrare le personalità locali in un contesto di massima sicurezza".
L'agenzia privata scelta dal governo italiano per difendere i nostri tecnici in Iraq è la britannica Aegis Defence Services, anche se il contratto con la Farnesina è ancora in via di definizione.
E' una compagnia privata di sicurezza presente in Iraq dal 2004, dove si è aggiudicata un contratto da 293 milioni di dollari dal Pentagono. Il suo fondatore, Tim Spider, un vero fuorilegge internazionale, è stato coinvolto in abusi contro i diritti umani e in gravi violazioni internazionali.
I parlamentari della maggioranza, inclusi quelli della "sinistra radicale" e pacifista, difendono, obtorto collo, la scelta del governo.
"Mi rendo conto che l'Italia, avendo ritirato le truppe, deve pur trovare il modo di difendere i civili che lavorano in Iraq dove il conflitto interreligioso è in via di peggioramento", dice Rosa Calipari, senatrice dei Ds.
"In termini generali e di principio", prosegue, "penso che il compito di garantire la sicurezza dei propri cittadini sia dello Stato e sono contraria alla privatizzazione della sicurezza. Negli anni precedenti, sono stati utilizzati questi contractor, ma per difendere società petrolifere. Ora, invece, si tratta di guardie che difendono personale civile che opera per fini umanitari".
Silvana Pisa, anche lei senatrice dei Ds, sostiene che si poteva trovare un'altra soluzione.
"In qualsiasi ambasciata estera ci sono i nostri carabinieri", spiega, "anche nei Paesi dove non ci sono le nostre truppe. Si poteva, dunque, ritirare l'esercito dall'Iraq, mantenendo i carabinieri a Nassiriya soltanto per proteggere i nostri tecnici".
"Ero contraria all'esternalizzazione della sicurezza", conclude la senatrice, "e lo sono anche ora. Abbiamo peraltro votato questo testo senza che venisse discusso tra i capigruppo".
Anche la vicepresidente della Commissione Difesa Elettra Deiana del Prc, sta sulla posizione del "sì ma".
"Ci sono tecnici italiani che devono essere protetti a Nassiriya, e la polizia irachena non è in grado di farlo", dice. "Non ho un pregiudizio ideologico nell'assumere vigilantes privati, ma sono contraria ad assumere personale non controllabile. Non si conoscono le regole alle quali queste persone devono sottostare e da chi sono controllati. Ho già presentato un'interpellanza", conclude la parlamentare di Rifondazione, "per sapere cosa sta succedendo a Nassiriya, e chiederò anche i criteri con cui vengono scelti questi body guard".
Pino Sgobio capogruppo dei Comunisti italiani alla Camera, non ha dubbi: "Tra un carabiniere e un body guard, preferisco che ci siano i body guard".
"Avevamo chiesto il ritiro di tutti i soldati", dice il deputato del Pdci, "non potevamo lasciare a Nassiriya i carabinieri. Sono dei militari e avrebbero coinvolto di più il nostro Paese in azioni belliche. Si tratta di una situazione di emergenza dove non è possibile fare altrimenti".
"Spero almeno", conclude Sgobio, "che la Farnesina scelga tra società private che diano garanzie di controllo e democraticità".
Fabio Alberti, presidente dell'Organizzazione non governativa Un Ponte per, si dice meravigliato che in Iraq, "ci sia ancora una presenza armata italiana a difesa dei Provincial Reconstruction Team (PRT) che sono la parte civile dell'occupazione. Se noi ne facessimo parte saremmo sotto il comando Usa". "Peraltro", spiega Alberti, "a dicembre il nostro personale civile a Nassiriya girava scortato dai Marines".
Ma soprattutto, chiede il presidente dell'Ong: "Quali sono le regole d'ingaggio di questi eserciti privati? Chi li controlla? E quale bisogno c'è di avere fisicamente dei tecnici italiani sul posto?".
"Per assistere gli iracheni nella ricostruzione", conclude, "basta aiutarli economicamente, nella progettazione, e in tanti altri modi. L' Iraq è pieno di tecnici bravi".